di Ivan Severi e Francesco Zanotelli
La tavola rotonda organizzata da Ivan Severi e Francesco Zanotelli per ANPIA durante il Convegno SIAA2020 (visibile a questo link) ha costituito un primo step per la nostra associazione sulla strada del dialogo con colleghi ed enti collettivi europei che si occupano a livello nazionale e internazionale di antropologia professionale. Essendo già a conoscenza dell’esistenza di un Network europeo che si rifà all’antropologia applicata, in seno all’EASA, è stata nostra premura allargare il campo e invitare ulteriori partecipanti che potessero arricchire il panorama. Per questo motivo oltre a Lora Koycheva (EASA Network of Applied Anthropology, Germania) e Verónica Reyero (Antropologia 2.0, Spagna), a rappresentare il network e uno dei suoi partners, abbiamo ospitato Andrea Cornwall (SOAS University of London) e Joan Seguí (Comisión Profesional de ASAEE, Spagna). Alessandro Pintucci (Confederazione Italiana Archeologi) ha gentilmente acconsentito a portare l’esperienza degli archeologi, i quali hanno attivato percorsi di tutela della professione, anche a livello europeo, decisamente prima degli antropologi.
Esiste un mercato per l’antropologia professionale in Europa?
I differenti profili coinvolti sono emersi chiaramente dalle presentazioni dei partecipanti, che hanno mostrato un panorama variegato dove due caratteristiche emergono con particolare evidenza: da un lato le carriere e i percorsi di antropologhe e antropologi all’interno e all’esterno dell’accademia continuano a convergere e intrecciarsi. Questo denota come, forse, non esista ancora un mercato maturo per l’antropologia professionale in Europa. Seppure lo spazio si stia allargando, sono ancora comuni i profili di persone che tentano di portare avanti il più possibile le due carriere in modo parallelo.
Assieme a questo è emersa una certa ambiguità tra la dimensione professionale in senso stretto e un approccio connesso alla business anthropology. I settori evidenziati come aree di possibile sviluppo, oltre alla “classica” dimensione museale, riguardano il design, il marketing, la pubblicità, il management, la customer e user experience. Ambiti strettamente connessi a un certo modello di business che vede l’antropologo sviluppare ricerche in gruppi di lavoro multidisciplinari su soggetti che si costituiscono come target di mercato.
Non sono emerse esperienze confrontabili con la crescente area del terzo settore e delle politiche pubbliche che, in modi diversi, costituiscono uno spazio importante per l’accesso al mondo del lavoro di antropologhe e antropologi italiani, soprattutto in riferimento al lavoro nell’ambito sociale e sanitario.
La formazione universitaria: molta teoria ma poco metodo
Un tratto che accomuna il contesto italiano e quello internazionale sembra essere la scarsa preparazione degli studenti di antropologia che si affacciano al mondo del lavoro, se non altro per quanto riguarda una serie di competenze necessaria a compiere questo salto. È parere condiviso che i percorsi formativi abbiano un’attitudine eccessivamente teorica e lacune evidenti sia dal punto di vista metodologico che a proposito delle possibilità offerte dall’attuale mercato lavorativo, il che risulta spesso tristemente evidente dalle stesse descrizioni dei corsi di laurea e delle possibilità lavorative offerte dal profilo antropologico. Larga parte della discussione si è quindi concentrata, a partire da prospettive diverse, sulla necessità di un ripensamento della dimensione formativa: da un lato riguardante studenti e studentesse aspiranti antropologhe che necessitano di strumenti specifici da spendere nel mercato professionale, dall’altro incentrata sulla formazione continua e sull’aggiornamento professionale.
La presenza di associazioni, anche a livello nazionale, nel contesto europeo, non comporta necessariamente un impegno diretto da un punto di vista che potremmo definire sindacale. Le associazioni sembrano concentrarsi da un lato sulla costruzione del dibattito tra i soci e dall’altro su una logica di marketing della disciplina e delle sue possibili applicazioni. Alla domanda specifica riguardante la possibilità di immaginare e promuovere differenti carriere per la figura dell’antropologo in diversi contesti e all’invito a portare avanti una riflessione sulla dimensione strettamente contrattuale ci sono state risposte generiche ma poco calate su una dimensione strettamente operativa.
L’attenzione sembra maggiormente focalizzata sulla distinzione della figura dell’antropologo rispetto ad altre figure professionali (ad esempio lo psicologo), piuttosto che nella differenziazione interna di diverse tipologie di antropologi che sviluppano competenze specifiche in ambiti specifici.
I prossimi step: profili specifici e strumenti comuni
Durante la tavola rotonda, il dibattito si è quindi orientato sulle possibili convergenze tra le realtà associative nazionali in specifici campi di azione: innanzitutto l’individuazione di territori comuni di riconoscimento della professionalità antropologica sul piano europeo. A questo proposito è stato suggerito di lavorare sia sui profili professionali specifici, ma anche sui comuni strumenti e azioni dell’antropologo/a come modalità di riconoscimento e distinzione da altre professioni affini. In secondo luogo, è stato proposto di organizzare dei corsi di formazione orientati all’apprendimento del lavoro in equipe multidisciplinari, considerato che sul piano pratico il confronto e la collaborazione risultano essere delle skills necessarie per l’impiego. In terzo luogo, si ritiene necessario mettere a sistema, sul piano internazionale, i dati e le survey esistenti (ad esempio quella sull’antropologia professionale in Spagna del 2008 e quella sulla precarietà del lavoro accademico in Europa del 2020) come base di riflessione comparativa e di confronto con la situazione italiana, attualmente oggetto della prima indagine nazionale sulla professione antropologica, tuttora in corso per iniziativa dell’ANPIA.
È speranza di tutti che questo incontro abbia piantato dei semi capaci di germogliare in forme di collaborazione che sappiano superare l’ambito nazionale.