Coronavirus Fase 2 – Valentina Ceccarelli https://www.flickr.com/photos/valentinaceccatelli/49919127638

Con questo testo collettivo chiudiamo la fase uno della rubrica “La società in provetta” di ANPIA. Attraverso i loro contributi, le autrici e gli autori hanno affrontato numerose tematiche, permettendoci di aprire uno spazio di riflessione comune e di confronto tra diverse situazioni locali.

I temi trattati sono andati da come le misure di contenimento del virus abbiano aggravato disuguaglianze, ingiustizie e violenze strutturali, alle tattiche per reinventare il quotidiano e alla libertà (condizionata) di fare ricerca, passando per le impasse della didattica a distanza e dello spaesamento di fronte a un futuro sospeso, arrivando sino alle risposte all’epidemia dei servizi socio-sanitari e delle comunità locali.

Queste problematiche sono state affrontate descrivendo strade, strutture residenziali, ambulatori, vicinati a Pesaro, Taiwan, la Liberia e l’Africa occidentale, Roma, Torino, Città del Messico, Marsiglia. Nonostante le limitazioni legate alle necessità di distanziamento fisico, gli interventi fanno intuire quanto le prospettive “ravvicinate” rese possibili dall’approccio etnografico costituiscano una risorsa imprescindibile per cercare di comprendere gli effetti di un fenomeno come una pandemia, in tutta la loro complessità. Un’attitudine conoscitiva e un’attenzione al dettaglio indispensabili per non abdicare ai diversi riduzionismi che purtroppo caratterizzano spesso gli interventi pubblici, soprattutto in situazioni “di emergenza”. Si tratta di risorse che sarebbero preziose per affrontare gli effetti sociali, culturali, economici e politici del confinamento, del distanziamento fisico e delle riaperture.

Forse ancor più di prima, è difficile prevedere cosa ci riservi il prossimo futuro. Gli indizi sono contrastanti, i segni ambivalenti e le tracce non sono chiare. Da un lato, l’epidemia ha inasprito diseguaglianze socio-economiche, alimentato processi di precarizzazione dell’esistenza e fornito il pretesto ad alcuni governi per nuove strette autoritarie; dall’altro sembrano emergere rinnovate prese di coscienza, lotte, forme di solidarietà e mutualismo. Mentre le sensibilità ecologiste guadagnano terreno, alcune forze spingono per un allentamento dei vincoli ambientali per “favorire la ripartenza”.

Alle rivolte nelle carceri, alle proteste antirazziste, alle manifestazioni di lavoratrici e lavoratori si accompagnano repressioni poliziesche e inerzie dei governi. Il momento che stiamo vivendo sta portando a un’accelerazione delle trasformazioni degli assetti politici globali e delle caotiche composizioni del tardo capitalismo di stampo neo-liberista? In che modo le mutazioni in atto si manifestano nella riorganizzazione della produzione, del lavoro e della vita quotidiana? Come tali trasformazioni si incarnano nell’intimità dell’esperienza corporea di lavoratrici e lavoratori, cittadine e apolidi, di chi beneficia e di chi è escluso da forme di “assistenza” e “accoglienza”? Quali modalità di resistenza, di rivendicazione e di organizzazione si accompagnano a tutto ciò? Come stanno mutando i processi di soggettivazione e le disposizioni instabili di assemblaggi materiali-umani-culturali in cui ci muoviamo? Quanto delle nuove discipline, “abitudini di ordine” e forme di controllo è accettato e naturalizzato? E quanto riappropriato attivamente, criticato e rifiutato? Da chi, in quali contesti e in base a quali progettualità? Ciò che stiamo vivendo costituisce una sorta di prova generale per future operazioni di ingegneria sociale, una manifestazione su larga scala della normalizzazione dello “stato d’eccezione”, o solo un evento passeggero?

Gli interrogativi sono molti, sono complessi e di ampia portata. Ciò nondimeno, le antropologhe e gli antropologi professionisti grazie alle loro competenze e attività lavorative si trovano in posizioni adatte all’elaborazione di approcci innovativi e prospettive alternative rispetto a quelli prodotti da saperi più formali, disciplinati, quando non disciplinanti.

In questa nuova fase, ci troviamo di fronte alle varie prospettive che la nostra disciplina offre a supporto delle analisi, sia riguardo al ‘cosa è accaduto’, sia nella costruzioni di scenari di quello che ‘potrebbe essere’.

Certo è che ci troviamo di fronte a un cambiamento, un evento che ha coinvolto gran parte dell’umanità nello stesso momento, con circolazione immediata di notizie e conseguenze profonde i. Ad esempio, le pratiche connesse alle mascherine  possono configurarsi, forzando un po’ Mauss,  come un ‘fatto sociale totale’.  Dal loro reperimento, al loro uso e smaltimento, queste appaiono come oggetti “densi” attorno a cui si snodano questioni economiche, giuridiche, morali, estetiche, epidemiologiche, ecologiche, sensoriali… in breve politiche. Dalle polemiche sulla loro utilità, alle competizioni nazionali per accaparrarsi risorse scarse, ai tentativi di sciacallaggio e di conversioni produttive per assicurarsi il fabbisogno interno; dagli impatti del loro uso sulle condotte motorie, percettive ed affettive, alle differenze tra modelli “altruisti” ed “egoisti”, ecosostenibili e inquinanti, standardizzati o personalizzati, ci rendiamo conto delle molteplicità di aspetti e questioni sollevati dall’analisi di questo “semplice” oggetto.    Quale potrà essere il nostro apporto come professionisti e ricercatori? Quali casi vogliamo condividere? Sempre nell’ottica di alimentare le funzioni analitiche, critiche e propositive della pratica professionale dell’antropologia, i contributi e gli interventi possono andare da narrazioni di esperienze, frammenti di etnografia del quotidiano, riflessioni teoriche, analisi di critica culturale, provocazioni.

Benvenuti nella fase Due della rubrica La Società in provetta: si accettano contributi sia in forma scritta sia audiovisiva.

Il gruppo di lavoro della Rubrica la Società in Provetta

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