Sul quotidiano Il Giornale di venerdì 11 settembre 2020 appare un’intervista condotta da Giovanni Giacalone a un antropologo, Andrea Bocchi Modrone, a proposito dell’aggressione subita da Matteo Salvini a Pontassieve

Sul quotidiano Il Giornale di venerdì 11 settembre 2020 appare un’intervista condotta da Giovanni Giacalone a un antropologo, Andrea Bocchi Modrone, a proposito dell’aggressione subita da Matteo Salvini a Pontassieve qualche giorno prima ad opera di Auriane Fatuma Bindela, di provenienza congolese. Come membri dell’Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia siamo rimaste/i sconcertate/i dalla superficialità delle dichiarazioni del dottor Bocchi Modrone, il quale si autodefinisce “esperto in religioni sincretiche afro-americane”, eppure  esprime concetti che dimostrano scarsa conoscenza della storia degli studi antropologici.

Qualcosa non va

In primo luogo, l’esperto usa del tutto a sproposito i termini “voodoo[1] Il termine voodoo è usato perlopiù in ambito anglosassone e si riferisce di solito alla sua versione diffusa in Lousiana; il termine voudou è invece usato in francese e in particolare in riferimento alla sua versione haitiana; per i contesti africani si preferisce di solito la dizione vodu oppure vodun, ma non c’è un’unica grafia possibile. L’uso del termine inglese appare però qui totalmente fuori contesto.   e “tribale”: il vodu infatti si riferisce a una serie di culti  provenienti  dall’area del Golfo del Benin (tra Nigeria, Benin e Togo) diffusi fra le popolazioni Yoruba, Fon ed Ewe, che poco o nulla hanno a che fare con “il Congo” (Repubblica Democratica del Congo o Congo-Brazzaville?). Alcune  religioni sincretiche presenti nelle Americhe, – come il voudou haitiano e della Louisiana – derivano in parte dal vodu dell’Africa occidentale e, in questi contesti sincretici, sono confluiti in certi casi anche elementi di origine congolese. Ma, di per sé, il vodu non è originario del  Congo. Sembra piuttosto che l’antropologo Bocchi Modrone usi il termine “voodoo” come sinonimo di stregoneria, cosa che ci ha fatto iniziare a dubitare della genuinità della sua qualifica di antropologo. Anche in Congo sono  presenti credenze comunemente collocate sotto la categoria ibrida e controversa di  “stregoneria”, ma questa non va certo confusa con  il vodu. D’altra parte le credenze nella stregoneria e nel malocchio sono ben radicate anche in Europa e in Italia. Il nostro “esperto” sembra attribuire genericamente l’etichetta di “voodoo” a qualunque espressione religiosa africana, mostrando scarsa conoscenza del contesto  e della sua  complessità.

Come se non bastasse, il dottor Bocchi Modrone abusa continuamente del termine “tribale”, adottando un punto di vista implicitamente coloniale. Una prospettiva che identifica nell’Africa quel “cuore di tenebra” che tanto solleticava le fantasie dei sostenitori della missione civilizzatrice in epoca vittoriana (e non solo), convinti che il continente nero fosse una terra abitata da bruti, bisognosi dell’aiuto occidentale: the white man’s burden, il fardello dell’uomo bianco, era appunto quello di portare ai “selvaggi” la civiltà, lo sviluppo, strade, ponti, scuole, ospedali…. e la fede cristiana[2] Sebbene i rapporti tra missioni, commercianti e militari nei contesti coloniali non siano stati privi di tensioni e la diffusione del cristianesimo nei territori che sarebbero divenuti la  Repubblica Democratica del Congo e il Congo-Brazzaville sia precedente la colonizzazione, i tentativi di strumentalizzare la cristianizzazione per giustificare il dominio coloniale sono ben noti.  . Al di là dell’uso spregiudicato di termini come “magia nera”, “voodoo”, “feticismo”, “religione tribale” – termini sulla cui genealogia Bocchi Modrone dimostra di aver scarsa o nulla consapevolezza – colpisce l’implicita affermazione di una gerarchia tra “religioni tribali africane”, “culti sincretici afro-americani” e cattolicesimo. Pecchiamo forse di eccesso di malizia, ma è difficile non collegare tutto ciò ai tentativi, da un lato, di strumentalizzare la religione e, dall’altro, di demonizzare la differenza culturale ai fini del  consenso politico.

Attacco alla cristianità?

E proprio sulla fede cristiana Bocchi Modrone fa uno degli scivoloni più clamorosi: riconduce in automatico il gesto di rabbia di Bindela a un attacco alla cristianità, affermando di non sapere quale dio segua la signora, ma “sicuramente non […] quello cristiano, altrimenti non romperebbe il rosario”. Non ci sarebbe da stupirsi se invece Auriane Fatuma Bindela si rivelasse cristiana, come  la stragrande maggioranza  delle/dei congolesi (di cui circa il 50% si dichiara di fede cattolica). D’altra parte, l’atto  di strappare il rosario o il crocifisso dal collo di Salvini potrebbe essere letto come il gesto di qualcuno profondamente credente, convinto che il politico in questione stia abusando di un simbolo religioso e che non abbia il diritto di portarlo. Certamente non possiamo leggere nel pensiero della signora Bindela, ma forse Bocchi Modrone pensa di esserne in grado.

Leggere questo gesto come espressione di “credenze tribali” tradisce un approccio esotizzante che rischia di alimentare il razzismo e che stona con la professione di antropologo. Un paio di anni fa, durante un collegamento con un giornalista davanti al parlamento, una signora con marcato accento romano si mise a urlare “maledetti!” all’indirizzo dei politici. Dovremmo forse leggere quella maledizione come espressione di “credenze tribali”? Oppure sfoderiamo questa categoria desueta solo per inquadrare le persone di provenienza africana? Le credenze nella “magia”, nella “stregoneria” e nel “malocchio” non sono affatto un’esclusiva del continente africano: sono ben radicate anche in Europa e in Italia, dove sono state ampiamente studiate dall’antropologia. Allora perché non leggere l’attaccamento alla religione di Salvini come una “credenza tribale”, con tanto di amuleti protettivi e formule magiche?

Il nostro “esperto”, in realtà,  fa ancor meglio: non solo attribuisce alla signora “credenze tribali”, mostrando appunto ancora una volta di essere fermo nel migliore dei casi a un’antropologia di età vittoriana, ma addirittura si spinge ad affermare: «non mi sento di indicare questi culti africani come “animismo”, in antropologia non si può più utilizzare questo termine». Non è affatto vero che in antropologia non si possa usare il termine animismo: anzi, questo termine è stato recentemente rielaborato da Philippe Descola ed è al centro di un acceso dibattito nel mondo accademico.

Riduzionismo Culturalista

L’apice dell’intervista viene raggiunto quando si evoca la presunta maledizione nei confronti di Calderoli, attribuita al padre di Cécile Kyenge. Non solo Bocchi Modrone sembra ignorare che le credenze relative alla stregoneria siano assai diffuse anche in Europa e in Italia, ma ci fornisce una lettura degli avvenimenti assai più vicina agli immaginari di una certa cinematografia di avventure esotiche (stregoni, pentoloni, oscure cerimonie), che ad una genuina interpretazione di carattere antropologico.

In generale è proprio questo approccio riduzionista e culturalista – unito al fatto che lo si fa  passare come “parere di un esperto” – a lasciarci  sconcertate/i: ovvero la tendenza ad usare come chiave di lettura una presunta appartenenza culturale (per di più ricostruita in modo assai immaginifico). Non solo applicare questo tipo di pensiero costituisce una scorciatoia interpretativa che non ha nulla di scientifico, ma rischia di alimentare forme particolarmente subdole di razzismo.  Come diceva il compianto Ugo Fabietti, “la cultura non è qualcosa che spiega, ma che va spiegata”. Proprio un antropologo dovrebbe essere ben conscio del problema ed evitare di applicare comode etichette culturaliste.

Ci chiediamo a che titolo si pubblichino articoli di questo tipo, senza un approfondimento antropologico comprovato da reali esperti. Articoli come questo non solo contribuiscono a diffondere e alimentare pregiudizi e razzismo, ma gettano discredito sull’antropologia nel suo complesso. Come soci e socie dell’Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia, ci auguriamo si possa un giorno evitare che chicchessia si spacci per antropologo senza comprovate competenze nel campo dell’antropologia.

La redazione di ANPIA

Note

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1 Il termine voodoo è usato perlopiù in ambito anglosassone e si riferisce di solito alla sua versione diffusa in Lousiana; il termine voudou è invece usato in francese e in particolare in riferimento alla sua versione haitiana; per i contesti africani si preferisce di solito la dizione vodu oppure vodun, ma non c’è un’unica grafia possibile. L’uso del termine inglese appare però qui totalmente fuori contesto.
2 Sebbene i rapporti tra missioni, commercianti e militari nei contesti coloniali non siano stati privi di tensioni e la diffusione del cristianesimo nei territori che sarebbero divenuti la  Repubblica Democratica del Congo e il Congo-Brazzaville sia precedente la colonizzazione, i tentativi di strumentalizzare la cristianizzazione per giustificare il dominio coloniale sono ben noti. 
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