L’Antropologia Pubblica
Il dibattito sviluppatosi negli ultimi quindici anni attorno al concetto di antropologia pubblica sta attecchendo anche nel nostro paese. L’antropologia pubblica emerge come terapia per la malattia che colpisce da decenni l’antropologia culturale, se alcuni sintomi sono evidenti, altri giacciono più in profondità. Balza agli occhi la sua difficoltà nell’interessare un pubblico vasto ed essere comprensibile al lettore non specializzato, gli scarsi tentativi di intervento nel dibattito pubblico e nell’assunzione di posizione in merito a tematiche di interesse sociale, l’avere abbandonato aree tipicamente di interesse antropologico (repentinamente occupate da altri studiosi che ora fanno quello che faceva l’antropologo nel passato).
Per capire le ragioni del malessere bisogna andare oltre ed evidenziare un certo elitarismo che ha spesso portato gli antropologi e le antropologhe a non volersi mischiare con tematiche e forme di ricerca spesso definite “quick and dirty”, a svalutare il lavoro degli/lle antropologi/ghe applicat*, ridott* a una mera funzione tecnica che, in alcuni paesi come l’Italia, ha portato ad una cesura tra l’antropologia come disciplina e la possibilità di un suo utilizzo in ambito professionale. Questo tipo di riflessioni si muove su livelli differenti e tocca il piano epistemologico, quello metodologico e l’etica stessa della disciplina. Per questo è importante affrontare situazioni che vedono il coinvolgimento dell’antropolog* a livello operativo, un’antropologia che non sia solo di osservazione ma anche votata al cambiamento del contesto e che prenda in considerazione le dimensioni dell’advocacy e dell’attivismo.
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